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GINA

ASCOLESE

Sono nata ad Avellino nell'immediato secondo dopoguerra, in un'epoca in cui le nonne dondolavano i nipotini cantilenando e le mamme cantavano arrotolandosi i boccoli attorno al pettine, quando ancora le gelide lenzuola erano riscaldate col braciere e le lavandaie lavavano al fiume, quando il papà accendeva la radio la mattina mentre si insaponava col pennello e le case di sera risuonavano di storie familiari, di bombe, di prigionieri tornati dopo anni dalla prigionia in Siberia. E poi la scuola, le asticelle e la lettura, l'ordine e il rispetto dei libri, e poi il concorso Veritas nel palazzo vescovile, le compagne, e la neve... la neve che congelò le strade e fece chiudere le scuole: frequentavo la quinta elementare.

La scuola: una scelta che mi avrebbe messa a ventidue anni a insegnare Italiano e Latino nel Liceo Classico della mia città e poi allo Scientifico Galilei di Perugia, città d'elezione in cui tuttora vivo. Eh la scuola! Fu una chiamata, e frattanto portavo in me i volti venerati di insegnanti pregevoli...  e già, avevo tante cose da dire. E la musica, il maestro veniva a darmi lezione di pianoforte a casa... nulla si è perso, le dita hanno conservato la loro sapienza. Matrimonio, figli, famiglia, nipoti... cose che tutti conosciamo e possiamo immaginare... e infine...La scrittura!

Ora, in età molto avanzata, la scrittura: che però no, non è stata affatto una scoperta, ma un'evoluzione naturalissima, quella di un percorso vissuto senza clamore, ma intensamente.

E la penna  ha guidato la mia narrativa verso il genere storico, additandomi  viaggi di sovrani  ottocenteschi verso progetti e sogni, che stavano per confrontarsi con la realtà oggettiva:  cioè, il corso insondabile della storia e l'imprevedibile esito dei disegni umani.

Era il 1859 e vari regnanti di un'Italia in fieri partivano in carrozze e navi, ignari che fosse prossima la Spedizione dei Mille, preannunciata dalla fuga rocambolesca di elevatissimi patrioti.

E in conclusione... non è possibile prevedere verso dove stia per dirigersi adesso il flusso delle idee.

Pubblicazione

NOZZE, CARROZZE

E RE

I Borboni nel 1859

Col cattivo auspicio di due "monacielli jettatori" e di una bufera in arrivo, sei carrozze partono nel gennaio 1859 dalla reggia di Caserta per la Puglia con a bordo re Ferdinando II di Borbone, la regina Maria Teresa, il principe ereditario Francesco e un piccolo seguito: si va a ricevere la promessa sposa dell'erede al trono, Maria Sofia di Wittelsbach, che arriverà a Bari via mare dall'austriaca Trieste. L'evento del viaggio, testimoniato dalle cronache ottocentesche, offre lo spunto per un racconto pochissimo noto, focalizzato sui Borboni e il Meridione d'Italia e corredato di illustrazioni d'epoca. Vi s'intrecciano storie di regnanti coevi o precedenti, indagati anche nella sfera personale e privata, oltre a figure di famosi oppositori liberali. Entro una narrazione cangiante e dal ritmo veloce, si ricostruiscono ambienti e condizioni di vita, dialoghi e comunicazioni epistolari, ritratti esilaranti e momenti di pathos, inclusa la vicenda mirabolante della liberazione di sessantasei detenuti, cui applaudì tutta l'Europa progressista. Mentre il viaggio dei sovrani procede, si ripetono ovunque archi di trionfo e ricevimenti, Guardie d'onore e Te Deum, inni borbonici e "lamparielli". Ma il re soffre: non sta affatto bene, riuscirà a tornare a Caserta? 

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