di Ilde Rampino
1) Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Si tratta di una ricerca storica iniziata casualmente – come spesso accade – oltre quindici anni fa, in occasione della fortunata individuazione presso la Sezione manoscritti della Biblioteca Nazionale di Napoli di un cospicuo numero di lettere inviate dal cardinale Giuseppe Maria Capece Zurlo, arcivescovo di Napoli dal 1782 al 1801, a un suo strettissimo collaboratore, il canonico Giuseppe Vinaccia, durante il suo esilio nel palazzo abbaziale di Loreto di Montevergine tra l’agosto 1799 e il dicembre 1801, in seguito alle ben note vicende della Repubblica Napoletana. Dopo la restaurazione monarchica, infatti, l’anziano arcivescovo aveva pagato in prima persona per la sua forzata collaborazione con le autorità militari francesi e con le istituzioni repubblicane, che non avevano avuto scrupoli a tirare in ballo il clero partenopeo e finanche il beneamato san Gennaro pur di accattivarsi le simpatie politiche del popolo napoletano, al punto da scatenare successivamente una vera e propria “guerra celeste” con sant’Antonio di Padova, simbolo della riconquista operata dalle truppe sanfediste al comando del cardinale Fabrizio Ruffo.
Mi resi subito conto che da quelle lettere emergeva un interessante e ricco spaccato della vita ecclesiale e politica napoletana negli anni della cosiddetta “prima Restaurazione borbonica” (1799-1806), periodo che non aveva fino ad allora attirato molto l’attenzione degli studiosi.
Da quel momento in avanti, ha avuto inizio per me una entusiasmante, ma faticosa, avventura, che negli anni successivi mi ha condotto in giro per la penisola italiana alla ricerca di documenti archivistici e di rarissimi opuscoli e periodici dell’epoca, consentendomi in questo modo di allargare la mia ricostruzione delle relazioni tra lo Stato e la Chiesa a Napoli e nel Mezzogiorno continentale a partire dal semestre repubblicano del 1799 fino al giugno 1802, con il definitivo ritorno di re Ferdinando IV di Borbone nella Capitale. Senza trascurare un ultimo “colpo di coda”, quando nel 1806, al secondo arrivo dei francesi a Napoli all’apogeo dell’età napoleonica, il corpo del defunto arcivescovo Capece Zurlo fu fatto traslare solennemente dalla chiesa abbaziale di Montevergine a Napoli per ordine espresso del nuovo sovrano Giuseppe Bonaparte, riabilitandone la memoria e facendolo così diventare una sorta di “martire” della sanguinosa persecuzione politica attuata dalla Corona borbonica dopo i fatti del 1799.
2) Quale messaggio intende trasmettere alle generazioni più giovani?
Da quanto detto finora, non possono sfuggire quali siano le pericolose conseguenze di uno smodato uso politico della religione. È innegabile che da sempre i detentori del potere abbiano coscientemente utilizzato la religione come un vero e proprio instrumentum regni, avendo ben chiaro che non può esserci pace sociale – e, dunque, un controllo politico di tutti gli aspetti della convivenza civile – senza la forza unificatrice del sentimento religioso e della devozione popolare, talvolta artatamente alimentata per favorire gli interessi di parte.
E di ciò ne vediamo ancora oggi le conseguenze, in un tempo in cui esponenti politici di vari schieramenti, a livello nazionale e internazionale, non disdegnano di mostrarsi in pubblico – in maniera ovviamente strumentale – con segni e simboli religiosi per lanciare ai propri sostenitori un chiaro messaggio politico, spesso basato sull’intolleranza e su una presunta idea di superiorità culturale e identitaria.
3) Qual è il motivo delle continue controversie tra Stato e Chiesa e perché è un argomento che la colpisce tanto?
Fin dagli ultimi secoli di esistenza dell’Impero Romano d’Occidente – e, in particolar modo, a partire dall’età di Costantino – lo Stato e la Chiesa hanno subito una vicendevole fascinazione, tentando, a seconda dei momenti storici, di influenzarsi reciprocamente, spesso con l’obiettivo, più o meno dichiarato, di sovrastarsi l’un l’altro. E certamente durante l’Età moderna, con la graduale nascita degli Stati così come li intendiamo e conosciamo oggi, le autorità civili hanno cercato di recuperare il terreno perduto nei confronti della Chiesa, limitandone, per quanto possibile, il raggio d’azione in settori ritenuti di vitale importanza, quali, ad esempio, l’amministrazione della giustizia e il controllo sociale. Pertanto, soprattutto a partire dal Settecento, abbiamo assistito a una vera e propria lotta tra Stato e Chiesa per difendere e ampliare le rispettive sfere d’influenza; ma l’evento spartiacque della Rivoluzione francese – con tutte le conseguenze e gli sviluppi raggiunti durante l’epoca napoleonica – ha rappresentato un vero e proprio punto di non ritorno, dando il definitivo slancio a quel lungo cammino di secolarizzazione in atto ancora ai nostri giorni.
Ciò che più attira la mia attenzione di ricercatore è, dunque, l’analisi storica di tali dinamiche – talvolta di lungo periodo e di non sempre facile decifrazione – che negli ultimi secoli hanno segnato indelebilmente la vita socio-religiosa nel mondo occidentale e che hanno gradualmente condotto alla complicata situazione attuale.