di Ilde Rampino
Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
La scrittura mi è sempre appartenuta e io sono sempre appartenuta a lei. Provengo dal mondo della ricerca in storia della mistica femminile di epoca barocca, in storia dell’anatomia femminile sempre di epoca barocca, dal mondo della ricerca sulla Sacra Sindone, sulla storia e l’antropologia del lutto nel Sud Italia. La scrittura di Morte per grazia ricevuta è capitata a un certo punto della mia vita, come una folgorazione; e arrivata come un destino. Non è quindi stata scelta come si sceglierebbe di scrivere un articolo, come si sceglierebbe un mestiere, ma è arrivata improvvisa e potente, inaspettata e incontenibile, esattamente come solo certi destini arrivano. Morte per grazia ricevuta nasce dall’amore per Napoli che è città in cui non sono mai vissuta ma che sin da bambina ho frequentato e che ho conosciuto con gli occhi di coloro che nel ventre di Napoli sono nati. Napoli dunque ha sempre costituito per me un amore profondo inteso non come realizzazione, come soddisfacimento del desiderio, bensì come anelito, come tensione, come un andare verso. Tale sentimento è diventato particolarmente intenso durante il periodo della pandemia, che per tanti è stato un momento di immobilità, per me invece è stato il periodo del più grande movimento interiore. Mi sono accadute infatti cose di gioia e di sofferenza, di vita e di morte, di ferocia e di mitezza. Era come se fossi stata abitata da tante vite separate, troppe per essere vissute soltanto da me. E così ho iniziato ad assegnare un personaggio diverso a ciascuna di quelle mie tante vite per poterle sostenere, l’ho costruito affinché potesse vivere quell’esistenza cui l’avevo destinato. I personaggi di Morte per grazia ricevuta sono nati per vivere quelle vite che non ho mai vissuto, avendo deciso di rimanere radicata in questa vita in cui mi trovo. E tutte quelle vite sono confluite nella storia del romanzo, che nasce dunque perché vi potessi vivere io e perché vi potessero vivere contemporaneamente tutte le parti di me, nella luce e nel buio.
Quale messaggio intende trasmettere alle generazioni più giovani?
Il messaggio della necessità di lasciare la rotta seguita da tutte le navi per immergersi nell’oscurità delle profondità marine e cercare là la luce, della necessità del comprendere il senso più profondo delle cose.Il senso di Napoli, che è luogo dell’anima prima ancora che luogo geografico; che è lo spazio della contraddizione con la sua anima popolare e barocca insieme; lo spazio della coesistenza dei contrari, con le strade assolate e i vicoli bui e lo spazio in cui i contrari si fondono annullando ogni linea di confine tra il magico e il reale, il sogno e la realtà, l’incubo e il risveglio dal sonno.Il senso della morte, che esiste tanto quanto la vita e che come la vita è dolore e liberazione dal dolore, è carne, è sangue, è preghiera, è devozione; è, come la vita, per grazia ricevuta.
In che modo la fede e il mistero possono riuscire e veicolare una riflessione sulla realtà?
La scrittura è arrivata nella mia vita come vocazione, proprio nel senso della vocazione sacerdotale che è insieme piacere e patimento. E piacere e patimento sono il senso della fede che permea ogni pagina di Morte per grazia ricevuta e di ogni mio scritto. Come le vocazioni, inoltre, non dipendono dal soggetto bensì da Dio oppure da un’entità altra, un’entità metafisica, così la scrittura non dipende dalla volontà dello scrittore ma da quel metafisico di cui lo scrittore non può far altro che eseguire la volontà, esattamente come la figura sacerdotale esegue la volontà di Dio. Una storia deve essere tale per essere raccontata, ma a darle spessore autentico è l’irruzione in essa di tutto ciò che la trascende. La scrittura dunque si sostanzia di ciò che la trascende, di quel metafisico da cui proviene, al quale deve tendere, come sempre deve tendere all’altrove, a un aldilà inteso nel senso più cristiano del termine come atto di fede nel mistero, e nel senso più pagano del termine come il mistero che sostanzia ogni animo, ogni vita. La domanda sull’altrove, la tensione verso l’oltre, la fede come credenza fiduciosa o nella rivelazione o nelle affermazioni non razionalmente evidenti, tutto ciò muove la riflessione sulla realtà, muove dunque la vita che è la stessa cosa della scrittura.